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Lo spisighì. Il nobile biscotto ispirato al Tortello Cremasco

Dalla raccolta degli articoli pubblicati sul sito della FICE a cura di Annalisa Andreini.

Partiamo dal nome curioso, “Spisighì”, che in dialetto della città di Crema sta ad indicare i cinque pizzichi necessari per confezionare il tortello cremasco, una pasta fresca ripiena tradizionale di Crema tutelata dalla omonima Confraternita, con a guida il Gran Maestro Roberta Schira.

Il tortello di Crema e del territorio ha una sua grande peculiarità: quell’incontro bizzarro, suadente, misterioso tra il dolce e il salato, che deve risultare ben bilanciato nel suo complesso.

La ricetta tradizionale contiene 11 ingredienti, uno più curioso dell’altro, frutto dell’incontro dei viaggi verso il Nuovo Mondo e del ruolo di Venezia nei commerci, che prevedevano la città di Crema come punto di smercio.
Il tortello confezionato ad hoc è perfetto nella sua forma: un cerchio che viene poi ripiegato a mezzaluna e confezionato con i famosi cinque pizzichi (anche se in alcuni paesi del territorio si fermano a tre o quattro per questioni di praticità). Talmente perfetto che due socie della Confraternita, particolarmente appassionate di cucina (Annalisa Andreini e Fiorenza Moretti), hanno pensato di ideare un biscotto dolce che ricordasse la pasta fresca, nell’involucro e anche nella farcia.

È così nato lo Spisighì: un guscio di pasta frolla (non quella classica e con l’aggiunta di un ingrediente segreto) contiene e racchiude una farcia che richiama quella dell’omonimo tortello, senza la parte salata, quindi senza il Grana Padano, e con il valore aggiunto di una marmellata, anch’essa segreta.

Il confezionamento del tortello richiede tempi lunghi e molta pazienza anche perché prevede degli intervalli di riposo dell’impasto.

Dopo la cottura in forno l’ultimo sarà riservato allo zucchero a velo che, spolverato sopra i biscotti, ricorda la farina che ricopre i tortelli.

Lo Spisighì, con il suo ripieno dolce e suadente, rievoca la tradizione di un piatto importante per Crema in versione dolce. Un trionfo di gusto e di inusuali profumi, dati dalle spezie contenute, che vuole valorizzare una sapienza culinaria antica e originale, ma che vuole diventare anche un po’ moderna.

Come la pasta ripiena, anche la versione dolce rispetta la complessa metodica di lavorazione, un segreto che viene custodito gelosamente nelle cucine cremasche.
Dal ripieno del tortello lo Spisighì riprende gli amaretti scuri con cacao amaro, l’uva sultanina, il tuorlo d’uovo e il Mostaccino, un biscotto speziato che viene prodotto solo a Crema e che contiene ben sette spezie, oltre al cacao amaro: cannella, chiodi di garofano, macis, anice stellato, semi di coriandolo, semi carvi e pepe nero.
Da dove provengono queste spezie?

Si presume da Venezia, che è stata dominante della città di Crema e “cambusa” di prodotti preziosi fino al XVIII secolo.

La città veneta, che ha esercitato il governo della città e del territorio per oltre 300 anni dal 1449, ha introdotto modi di vivere, tradizioni, legislazioni, culture artistiche e anche parecchi ingredienti introvabili nella cucina cremasca e nella pianura padana ma ben conosciuti dai mercanti veneziani. Tra questi tante spezie e preparati insoliti, che si ritrovano poi nei tortelli cremaschi.
La Serenissima era diventata infatti il luogo privilegiato e straordinario dove reperire le materie prime che compongono i tortelli.

Così, i prodotti esclusivi trasportati, attraverso Venezia, da paesi lontani si sono riversati, negli anni, nelle raffinate mense di patrizi cremaschi e nobili signori per poi ritrovarsi anche nei piatti della gente comune nei giorni di festa.

Per chi desidera tuffarsi in un’esperienza particolare ritroverà nell’assaggio, dunque, l’ascendenza storica veneziana nonché un motivo di identità territoriale e un emblema di “cremaschità”.

Le due socie della Confraternita del Tortello cremasco hanno poi deciso di concedere la ricetta ideata ad un laboratorio cremasco di pasticceria all’interno di una grande realtà sociale e culturale, la Casa del Pellegrino di Crema.

In poco tempo lo Spisighì ha letteralmente conquistato i cittadini cremaschi ma anche tanti turisti e visitatori: la Casa del Pellegrino, infatti, è meta di un turismo religioso, artistico e musicale legato alla stretta vicinanza con la magnifica Basilica di Santa Maria.

Un’ultima doverosa nota: tempo fa un noto pasticciere di Crema, Andrea Maiandi, purtroppo venuto poi a mancare, aveva ideato un biscotto che ricordasse il tortello cremasco (nella forma e nel ripieno) e l’aveva chiamato “Gagèt Duls”, un omaggio al simbolo del Carnevale cremasco, la maschera del Gagèt. Lo Spisighì nulla ha a che vedere con questo biscotto, che purtroppo dopo la sua presentazione ufficiale (durante appunto uno dei noti Carnevali cremaschi) non aveva avuto seguito e non era stato poi riproposto da un altro pasticciere.

Lo Spisighì parte da una ricerca di equilibri differente rispetto al “Gaget Duls”, che era comunque completamente diverso sia nell’involucro (che non era una pasta frolla) che nel ripieno e pure nella forma e confezionamento, perché lo Spisighì ha come caratteristica distintiva proprio i cinque pizzichi fatti a mano.

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